N. 4 01/02 Dicembre 2014
Salve,
sono apparso pochi giorni orsono, il 28 ottobre 2015 compirò un anno. La mia attribuzione di un codice alla
anagrafe fiscale data due giorni dopo.
Vivere in serenità, questo è il mio nome.
Chi mi seguirà lo sarà sempre. Sereno o serena. Penso a Serena G. del viale XX settembre;
sarà serena Serena G. tra non molto. Ed
io, o perlomeno l’associazione che rappresento? Per il momento la redazione è
molto indaffarata, tutti gli addetti sono impegnati al massimo. C’è chi scrive
questo ed altri pezzi da pubblicare, chi effettua ricerche accurate nel
patrimonio ed archivio storico di proprie creature, per decorare le pagine
sperimentali; chi si occupa degli adempimenti informatici, corredandoli di
sviste iniziali; i giuristi, si sono curati dello studio per la realizzazione
della forma con cui rivestire i concetti, poi migrati in atti pubblici. Hanno curato la individuazione della giusta
veste navigando fra le miriadi di leggi vigenti. C’è chi, un po’
svogliatamente, e solo per curiosità si è occupata della lettura in anteprima
de “L’irregolare”, per dare via libera. Per le fatiche affrontate si è auto
collocata in pensione. E’ una modesta pensioncina, a pagamento, dove deve
provvedere comunque alla spesa, alle pulizie, in cui è specializzata, a
cucinare e lavare. Per fortuna abbiamo
già un nutrito gruppo di lavoro, affiatato come fossero tante anime in un solo
corpo, si’ da poterci permettere anche il settore teatrale. Ci consentirà un
debutto in prima mondiale, proprio qui a Catania, peraltro patria di teatri in
numero superiore a quello di città ben più grandi. L’autore, di caratura terrestre, ci ha fatto
dono, indi senza reclamare compensi, di un suo inedito datato fine del
novecento. La partecipazione a titolo
gratuito di attori ed attrici, e di coloro che presteranno comunque attività
per la realizzazione, consentirà di offrire lo spettacolo al costo solo, non
salato, dissalato, per un solido insolito salace, ma sagace, assolo; scava
solco, che con salva e salsezza salerà la salita della sala. Speriamo non più di dueecinquanta o tre euro.
Sono aperte le selezioni. Cerchiamo di tutto. I personaggi sono circa venti.
Dimenticavo, il 31
dello stesso mese mi hanno stampato il 6988 addosso. Dicono sia una
registrazione, ma non sonora, mah!
Anche se mi considero fuoriserie,
insistono per serie 3. Comunque non sono d’accordo.
Mi raccomando leggete il
mio fratellino:
L’irregolare
Rita, ti accompagno il mio
prologo al lavoro che desidero portare in pubblico, dopo circa 15 anni dalla
redazione. La riduzione teatrale non
necessita forse di adattamenti. Si tratta di una novella arcobaleno, composta
in una data che ho difficoltà a rintracciare con precisione. Opera vicina alle tragedie. Si, hai ragione la nostra è una azione seria,
molto, molto seria. Rispetto la tua
valutazione. Ma se dovessimo lasciare soltanto le parole descrittive dei fatti,
asettiche, senza lasciarci andare a qualcosa di distensivo, che possa infrangere
la impenetrabile lordura della realtà in cui viviamo, rischieremmo di condurre
tutti alla conclusione della propria vita. Unica maniera per uscire dalle
schiaccianti concretezze. Solo per una
sovrumana sensazione di insopportabilità della altrui sofferenza, sono ancora
qui e ti posso raccontare e raccontarmi.
Era il ’96. Cosa accompagnata a casualità, che, (le quali) entrambe,
unite mi hanno ricondotto tra Voi miei cari.
Come vedi, qualcosina di faceto, risulta a me necessario; un po’ a
tutti. Noi dobbiamo impegnarci per
cambiare. Dobbiamo, ma; stare anche con
un occhio vigile ed attento, sensibile alle patenti sofferenze dei meno
fortunati. Quando ho buttato giù, in
chiave da te pennellata scherzosa, ed in cozzo con i principi della
Associazione, non ho certamente pensato a tutto ciò che ti ho descritto. Lascio te solo arbitro del vaglio sulla
pubblicazione. Se vorrai potrai anche inserire questo ulteriore scritto
chiarificatore. Il tuo operato è ratificato a priori. Tuo
Aurelio.
Prologo
Per
sette pagine arcobaleno
La
letteratura, più o meno illetterata che sia, ha trovato spazio nel romanzesco
filone poliziesco, che in Italia, non so se anche in altri stati, si colora di
giallo, per tradizione, dopo il fortunato casuale inizio, fiorito
dall’utilizzazione di una copertina di tale colore.
Ma
il giallo, come è inteso dal mondo dell’editoria, ed imposto commercialmente e
strategicamente, agli autori, pretende un elemento essenziale: la lieta fine.
Lieta
fine per il lettore, che deve necessariamente trovare nelle ultime pagine del
romanzo l’associamento alla branchia, della giustizia, remunerativa, al
reo. Sia esso assassino ladro o
psicopatico. Qualche rara eccezione è
consentita, ma solamente per gli scrittori, non già per i riempitori di
inchiostro su carta, nel rispetto costante della individuazione degli arcani
accadimenti, e della lieta fine per il lettore, pregno di maggiore gaudio, con
l’associazione, dell’autore degli accadimenti, alla branchia dispensatrice di
grazia della giustizia sempre, ma non già più della società, ma d’esso
lettore. Realizzata da una mirabolante
fuga, o macchinosa impunibilità. Scarsa
fortuna incontrerebbe nella commercializzazione, il romanzo ch’io definisco
arcobaleno, perché rosso del sangue del disprezzo della vita altrui; arancio
eguale al colore della avidità che muove i soggetti privi di qualsiasi
scrupolo; giallo per il senso di amarezza che rimane al lettore impotente;
verde come sono verdi le età dei piccoli innocenti coinvolti o con la propria
morte o con le sofferenze per le conseguenze della morte dei loro cari; azzurro
perché tutto ciò avviene ovunque sotto il cielo stellato del giorno e della
notte; indaco in quanto rappresenta la coloritura della vita con le sue incertezze
e con la sua realtà evanescente;
violetto per le cupe conseguenze che provoca sulla umanità che stenta
nei, ed allunga i, tempi del suo progredire nella direzione della sanezza e
benessere naturale, affossata dalle cupidigie malsane di poche lerce soggettività.
Sono
sette pagine di una novella, arcobaleno, per bene differenziarla dalle
generiche, in quanto chi si accingerà a leggere, è preavvertito su ciò in cui
si imbatterà, e giustamente potrà evitare la lettura qualora non desideri
essere turbato, col venire a contatto di quelle sfaccettature caratteriali
rimarcanti la parte della natura prettamente umana, distanziata dalla più
profonda e naturale radice animalesca dell’animo umano, di cui egli preferisce
fingere d’ignorare l’esistenza; o se bene le conosce gradisce non avere
rinfrescate alla memoria.
Charles-Louis de Secondat
barone di La Brède.
Charles-Louis de Secondat barone di La Brède chi era costui. Alessandro Manzoni parlando di Carneade ha
coniato questa frase.
Da
anni, forse decenni mi arrovello intorno ad una problematica, per me tale è,
che non mi ha mai convinto.
Lapplicazione delle leggi è patrimonio indiscusso della magistratura.
Nessuno,
sano di mente, cultore del diritto, si sognerebbe di assoggettare la classe dei
magistrati al potere legislativo, o peggio a quello esecutivo. Sarebbe un aborto giuridico. Soltanto un
plurinquisito, ha assoggettato al potere del denaro, quella parte della
magistratura, sensibile al fascino ammaliatore, cantato dalle sirene doggi,
appartamenti, lusso, donne prezzolate, quadri dautore, imbarcazioni daltura,
ancorate saldamente nei porti delle Eolie od in Sardegna. Il meccanismo è molto semplice. Risale ai tempi di Andreotti, quando per
favorire lo scambio di cortesie unitamente a quello di baci, affidò la curatela
fallimentare Lauro(ricordate la flotta Lauro, del più potente armatore
dItalia, e fra i primi del Mediterraneo?) al cassazionista presidente dal
cognome ridanciano: Carnevale. E dove nulla aveva potuto contro i processi di
mafia di un tale Falcone, che a Palermo, non a rischio della propria vita, ma
con certezza di morte precoce, giudicò centinaia di mafiosi. Con una piccola
mossa di denaro, consentì, ad ogni vendita di nave a trattativa privatissima,
un colpetto di spugna ad un processo di Palermo con centinaia di condannati. Una volta mancava una busta raccomandata
allinterno del fascicolo in custodia al cancelliere di Palermo, la cui figlia in Indietro Tuttarisultava la fortunata vincitrice di concorso nella
magistratura. Unaltra scompariva la
notifica in custodia ad altro archivista, che bruciando le tappe, per bravura
celata, diveniva cancelliere capo, il più giovane e senza titolo di studio
dItalia. Grazie a queste ed altre
carnevalate, pian pianino si svuotavano le carceri di Palermo, e si riempivano
le tasche di Napoli. Ebbene il bravo presidente, come il bravo presentatore di
Frassica in Indietro Tutta di Arbore, ha istituzionalizzato soltanto il
sistema collaudato, dandogli crisma di legalità. Vi intratterrò unaltra volta
col mio studio doltre un decennio addietro:
Come violare le leggi per legge.
In questo caso il sistema è quello semplicissimo delle consulenze a magistrati, detentori di
grossi processi da aggiustare, consulenze da centinaia di migliaia di
euro. Per altri versi ricorderete la
moglie di cima di rapa, dichiarare redditto di tremilioni di euro annuali, per
le grandi manovre bancarie di cima di rapa.
Torniamo ai magistrati. Come in tutto la semplicità della soluzione,
frutto di una intuizione, è stata sotto gli occhi di tutti per oltre due secoli. Ebbene,
da quando il barone di La Brede
e dopo la morte dello zio da cui ereditò la carica di Consigliere parlamentare,
e la baronia di Montesquieu, ripeto
da quando, il detto barone sviluppò la teoria della tripartizione dei poteri,
non si è mossa una virgola. Orbene,
direte voi tutti. E giustissimo che anche i magistrati vengano assoggettati
alle leggi. E giudicati al pari degli
altri cittadini. Ma qui lintuizione felice.
Ebbene, fareste giudicare i cantanti dai cantanti; o i pasticceri dai pasticceri; o i bancari dai bancari? Orbene qualcuno potrebbe anche dire: ma in
fondo che male cé. Ma con un altro
accostamento, nessuno più potrà avere dubbi.
Ed i delinquenti dai delinquenti?
La quadratura del cerchio è fatta.
E una mostruosità giuridica acconsentire alla continuazione di quanto
operato per oltre due secoli. Senza
volgere accuse al passato, guardando al futuro è dobbligo trovare una nuova
soluzione. Non può essere quella di creare dei tribunali
giudicanti per i soli magistrati. Non
cambierebbe il concetto su espresso. E
necessaria una soluzione diversa, nuova.
Saranno i cittadini estratti a sorte, volta per volta, caso per caso a
giudicare il comportamento e le sentenze della magistratura.
Formato a Catania il 30 di domenica
del novembre 2014; finito alle ore
22,57.
Antonino Russo.
pubblicazione
aperiodica priva di testata, della
associazione
politica:”VIVERE IN SERENITA’;
fornitore di hosting
Aruba; autore responsabile:
Antonino Russo n. 22 08 1948 Catania;
sede:via S. Maddalena
14; 95124 Catania.